Vent’anni fa usciva il film “The Truman Show “. La storia si incentra sulla vita di Truman Burbank ripresa, a sua insaputa, 24 ore su 24, fin dalla sua nascita, finché un giorno egli scopre l’amara verità: gli amici, le relazioni importanti, persino i vicini di casa sono frutto di un’unica grande finzione, uno show televisivo che ha per protagonista proprio Truman e le vicende della sua vita.
«Casomai non vi rivedessi... buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!», questa la frase di chiusura, in cui Truman, beffandosi degli spettatori, se ne va. Esce di scena, proprio come in un teatro. La sua barca va a sbattere contro i “confini” della sceneggiatura, egli sale una scaletta ed esce da una porticina, per entrare nella vita reale dove non ci sono riflettori e le relazioni sono vere.
A distanza di 20 anni la situazione si è ribaltata: quasi quotidianamente, ognuno di noi sceglie di entrare da quella porta e di mettere la propria vita sotto i mille riflettori del web. In un processo esattamente opposto, dalla nascita dei social network in poi, le persone hanno scelto di riversarvi il proprio mondotanto da diventare un passatempo invadente che occupa una parte importante delle nostre giornate.
Ma cosa ci spinge a condividere foto, filmati, pensieri, a volte anche molto intimi, con il mondo? Cosa ci fa stare attaccati allo schermo del telefono? Secondo noi, lo schermo si è trasformato in una corazza in più, abbiamo aggiunto uno strato alla nostra pelle, che ci allontana dall’altro e contemporaneamente ci permette di offrire la nostra parte migliore. Di per sé non c’è niente di sbagliato: chi mai sceglierebbe di essere visto appena sveglio al mattino con i capelli in disordine e il nostro vecchio e consumato pigiama preferito???Un po’ è quello che succede quando usciamo di casa, presentiamo la nostra parte migliore, scegliamo cosa mostrare agli altri, ci vestiamo, ci trucchiamo e ci comportiamo sulla base di quello che vogliamo che il mondo veda di noi. A pensarci bene però, non scegliamo proprio tutto: il capo che ci offende, la moglie che ci tradisce, la commessa scortese, il vicino insopportabile quelle non le scegliamo, semplicemente accadono. Sul web, invece, tutto parte da noi, da ciò che scegliamo di condividere. Nella vita vera, le cose accadono. Punto.
E’ forse questo che ci attira tanto della vita social? Questo senso di essere completamente artefici della nostra vita. Scegliamo se essere compatiti, se invidiati, se consolati. La smania di costruirsi un’identità ideale che, nella realtà, si scontra con l’ineluttabiltà dell’imprevisto e dell’immediatezza della vita che ci corre incontro, anche quando non siamo pronti, può trascinarci a trascorrere sempre più tempo online che offline. Il bisogno ci spinge alla dipendenza e la vita virtuale, in alcuni casi, si sostituisce a quella reale. Cosa fare allora? Si può scegliere di “ritornare” alla vita reale,” disintossicandosi” dal mondo virtuale e cercando di fare i conti con quello che l’esistenza ci porta ogni giorno ad esperire. Certo, le tentazioni saranno forti, i nostri potenti smartphone ormai ci allettano in qualsiasi momento della giornata, ma ne guadagneremo in autenticità. Se questo non fosse possibile da soli, nel nostro studio Clamori & Da Valle troverete professioniste che vi aiuteranno a capire se si tratta di un’effettiva dipendenza, sostenendovi e supportandovi in questo percorso di cambiamento.